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Alex Crevar sulla Ciclovia dei Parchi

In undici dal Pollino allo Stretto

Angelo Melone

C’è una Calabria diversa da quella che monopolizza gli spot pubblicitari dell’estate. È diversa per le caratteristiche del territorio, bellissimo, lontano dalle celebri località marine e dai tratti di co-sta affascinanti ma spesso ingolfati da un turismo ossessivo; è diversa anche nei turisti che la attraversano e nel rap-porto che gli abitanti hanno con loro. È la Calabria della natura impressionante, dei silenzi e delle foreste, dei laghi e delle strade poco trafficate, dei paesi poco rovinati dalla speculazione che nascondono tesori d’arte e di storia, della percezione del mare anche ad alta quota, di alberghi, trattorie (magari in un bosco, lontane da tutto) e locande in cui vieni accolto con un sorriso e rifocillato di cibo buonissimo, spesso a km zero, fino a non poterne più.
L’abbiamo attraversata a metà maggio seguendo una affascinante proposta di viaggio in bicicletta: è la Ciclovia dei Parchi della Calabria, il progetto che si sta facendo strada in tutta Europa tra gli amanti del “viaggio lento”: 545 chilometri e oltre diecimila metri di dislivello (sono tanti: due volte il Monte Bianco) in 4 parchi naturali e tra due mari, da Laino a Reggio Calabria attraverso Pollino, Sila, Serre, Aspromonte.

Il gruppo è composto quasi tutto da ciclisti e cicliste con un bagaglio di viaggi, due su undici con biciclette a pedalata assistita. Insomma: per loro una splendida avventura, per la Ciclovia un buon test. Risultato? L’entusiasmo all’arrivo dopo dieci giorni sul Lungomare di Reggio è apparso quasi eccessivo.
Solo alcuni appunti di viaggio. Nessuna pretesa di raccontare la Calabria ai calabresi, ma la magia di percorrerla su due ruote che scivolano in silenzio nel silenzio dei boschi o nel vento degli altipiani è – questo sì – un punto di vista particolare.
Iniziando dal Pollino, dalla magnetica salita che dalla stazione di Scalea scala la montagna lungo il verdissimo canyon scavato dal fiume Lao. La vetta del monte Pollino ci accompagna da Laino a Mormanno (con la chiesa che nasconde nei sotterranei i resti di un convento del Duecento), e poi il paese-presepe di Morano, giù a Castrovillari e su al borgo arroccato di San Donato di Ninea fino ad Acri.

Angelo Melone Lago Passante

Siamo alle porte della Sila, che ci accoglie alla fine di una lunga salita con un panorama mozzafiato in una giornata tersa. Alessandro, consumato viaggiatore in bici, lo descrive così: “Arrivati sul primo altopiano rimaniamo estasiati dai campi gialli che si estendono a perdita d’occhio come mai ci è capitato di vedere. Dovunque volgiamo lo sguardo ci sono boschi di pini e ginestre”.
Ci accompagneranno per buona parte dei 150 km silani costeggiando tre laghi (l’affascinante Cecita, l’Arvo, l’Ampollino) con pochi paesi fino a Tiriolo che di fatto segna l’entrata nel parco delle Serre. Tiriolo ci riserva una giornata limpida, con la vista che spazia da Stromboli nel Tirreno alla costa che si perde nello Jonio. Lungo la strada, scopri anche realtà come la giovane azienda sul lago Cecita che produce latte, yogurt, gelati solo da allevamenti locali; o ti imbatti in alberghi che hanno fatto dei prodotti del territorio il loro biglietto da visita, fino al trekking tra le opere d’arte del MABOS. E, ancora, il bel museo e l’antica chiesa con le opere di Mattia Preti nella deliziosa Taverna o il centro di escursionismo del “Chiosco Rosso” a Lorica.

Angelo Melone Taverna

Arriviamo nel parco delle Serre, un misto contrastante di natura forte e – per un tratto – di paesi meno curati. Fino al fitto bosco che conduce verso Serra San Bruno e la sua incredibile Certosa. Una tappa lunga, nella quale abbiamo calcolato male i tempi: ma sulla strada, per il gruppo di ciclisti affamati, un piccolo forno ha riaperto apposta i battenti organizzando giganteschi panini con caciocavallo, melanzane e pomodori sott’olio. Un pranzo da re.
Poi si va in Aspromonte. Si sale di quota, il percorso si snoda oltre i mille metri. “Ci si addentra in un bosco di faggi, talmente fitto che non si vede più il cielo – annota sempre Alessandro –. Siamo nel nulla o, meglio, nell’infinita foresta che si estende senza fine attorno a noi. Come spesso è accaduto in questi giorni non incontriamo anima viva”.
Il percorso passa da Mongiana (con i resti delle Ferriere borboniche) e Fabrizia e poi, lungo l’altopiano, fino a Gambarie. Poco dopo la strada inizia a scendere e di colpo tutto si apre all’infinito: c’è l’Etna (sfumato tra la foschia), la Sicilia, le Eolie, lo Stretto e – sotto – Reggio.

Angelo Melone Reggio

Angelo Melone è stato giornalista prima all'Unità poi a Repubblica. Ama fare molte cose. Tra quelle che lo avvicinano a questo sito: la passione per i viaggi, tanta bicicletta e trekking.

Il testo integrale è stato pubblicato su “Il Quotidiano del Sud” [23 Giugno 2024]

 

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